Si presentarono dunque di nuovo al Toro solitario, e con piglio altezzoso gli annunziarono che la foresta dove aveva eletto domicilio, era dominio e regno di un Leone, e che però si cercasse un altro qualunque asilo, se non volea correre il rischio di esser servito in guazzetto al desco del sovrano.
Figuratevi la sorpresa del povero Sangivaca, nel ricevere un tal messaggio!
- O signori,- disse alle Volpi,- dove volete voi che io mi ritiri? Abbandonato da tutto l'universo, povero, miserabile, acciaccato d'anni e di malori, a chi posso far male qui? a chi dare ombra? Senza mezzi, senza possibilità di procacciarmene col lavoro, dove potrei andare? Se il re Leone ha voglia di divorarmi, mi divori a sua posta: preferisco morire una volta sola fra i suoi artigli a una vita stentata, infelice, che sarebbe peggiore d'ogni morte.
- Nella disgraziata tua condizione,- risposero le Volpi, - dovresti almeno menare una vita di umiltà e di sommessione. Possibile che un miserabile della tua fatta sia tanto impertinente da mettere dei boati spaventosi come fai tu? Si direbbe quasi che ti figuri di essere qui il padrone. Che significano coteste minacce? I tuoi muggiti hanno sparso il terrore in tutti gli abitanti del bosco. Non s'era mai sentito niente di simile. Lo stesso Re è montato su tutte le furie, nè si fa capace che nei suoi dominii possa esistere una creatura così temeraria da gridare come un indemoniato... Buon per te che il Re è generoso. Dal canto nostro, noi cercheremo d'indurlo a farti grazia e a permetterti di vivere nel suo regno; ma tu bada intanto a moderar la voce e a mostrarti più sommesso.
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