Senza por tempo in mezzo, lo fece entrare nelle sale riservate della Reggia e gli delegò una parte del suo potere reale. Con un alleato ed amico di quella fatta, non c'era più da temer rivali e si potea regnare in perfetta sicurezza e pace perpetua.
Il Leone e Sangivaca vivevano tranquilli e d'accordo, e tanto si compiacevano di stare insieme che non si separavano quasi mai, nè il Leone andava più a caccia se non era stimolato dalla fame.
Carataca e Damanaca ben presto si avvidero dell'errore commesso, introducendo Sangivaca a Corte.- Dopo che questo Toro maledetto, dicevano, s'è unito al Leone, non c'è più verso che si spicchino l'uno dall'altro, e il Re arriva perfino a trascurare i propri interessi. A caccia non ci va che di rado, e, se mai, ammazza solo quel tanto di selvaggina che serve al suo stomaco. A noi altri non pensa più, esponendoci a morir d'inedia. Presentando a Corte Sangivaca, abbiamo agito alla leggiera e ci siamo scavati con le proprie mani la fossa.
- La nostra imprudenza, - osservò Carataca, - ha avuto la medesima conseguenza della sbadataggine del penitente. Sta un po' a sentire.
IL BRAMINO ED IL SUO SERVO.
A poca distanza dal fiume Cavery sorgeva una casetta, ed era questa abitata dal Bramino Devasarma. Dopo aver vissuto a lungo nel mondo, questo Bramino si fece eremita; se non che, abbracciando il novello stato, non rinunziò del tutto ai beni terreni e non seppe smorzare in sè uno smodato desiderio di ricchezza. L'avarizia, checchè facesse, lo dominava sempre; e così, avendo accumulato un bel gruzzolo di monete, lo nascose per maggior sicurezza nel cavo del suo bordone di penitente, per tenerlo sempre attaccato alla propria persona.
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