Tornando sui suoi passi, vede a piè di un albero un favo di miele, lo prende, lo porta al Re, si scusa di non aver potuto trovar altro. Il Re accettò volentieri il favo, lo addentò senza perder tempo e, nella fretta, ne fece cader per terra un pezzettino. Subito una mosca lo adocchiò e vi volò sopra. Ma una lucertola, vista la mosca, si precipitò per ingoiarla. Una mangusta, che il Re teneva sulle ginocchia, saltò sulla lucertola per farne un boccone. Non appena il cane del cacciatore che avea portato il favo ebbe scorto la mangusta, le fu addosso in un balzo e stava per morderla; e il Re, vista la mangusta in pericolo, diè di piglio a una mazza e menò al cane botte da orbi. Il Cacciatore, alla sua volta, offeso da quelle legnate, volle difendere la povera bestia, e domandò di malagrazia al Re, perchè la batteva, soggiungendo che avrebbe preferito esser battuto lui anzi che veder soffrire il suo cane.
Il Re, sdegnato a quella sfuriata del Cacciatore, ordinò alle guardie di afferrarlo, legarlo e castigarlo. Gli altri cacciatori intanto, informati che a Corte si fustigava il loro collega, si riunirono tumultuando, vollero vendicar l'oltraggio, sollevarono lo stendardo della rivolta e misero la città a sacco e fuoco.
Questo esempio vi ammaestri,- dissero gli uccelli ai due Passeri,- a quali pericoli si va incontro talvolta per un nonnulla.
Ma i litiganti fecero orecchio da mercante, e si ostinarono a sottoporre la contesa al tribunale del Re.
Detto fatto, si misero in cammino, si presentarono al sovrano e gli esposero i termini della lite, sollecitando da lui una decisione.
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Cacciatore Cacciatore Corte Passeri
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