Varcata che n'ebbe la soglia, vide, e fu per tramortirne, un Leone mostruoso che vi giaceva disteso. Tentar la fuga, era impossibile; unica salvezza, farsi animo, affrontare la posizione, far lo spavaldo. Si avanzò dunque verso il Leone con passo grave e sicuro, senza dare a vedere ombra di paura.
- O che animale è questo,- pensò il Leone,- che osa accostarmisi con tanta sicumera?
Tutti gli altri animali o mi evitano o fuggono al solo vedermi, e questi si fa avanti, quasi avesse formato il progetto di attaccarmi?
Così fantasticando, si accosta al Becco, e fisandolo con occhi irresoluti:
- Chi sei tu, - domanda, - con cotesta lunga barba?
- Io sono il signor Becco, - risponde questi con tono deciso;- sono un devoto del nume Siva. Ho promesso a questa divinità di divorare in suo onore cento tigri, venticinque elefanti e dieci leoni. Ho anche fatto voto di lasciarmi crescere la barba fino a che il voto non sia compiuto. Le cento tigri e i venticinque elefanti gli ho già divorati, e vado ora in cerca dei leoni. Quando ne avrò spacciato dieci, mi sarà permesso di togliermi la barba.
Il Leone, sorpreso e atterrito a queste parole e parendogli già di veder la morte con gli occhi, uscì dalla caverna e via a gambe levate.
Mentre così fuggiva, s'imbattè in una Volpe.
- O dov'è che corri?- esclamò la Volpe, fermandolo. - Che paura ti piglia? E come mai il re e padrone degli animali, che tutti fa tremar di spavento, abbandona così, in fretta e furia, il luogo della sua dimora?
Il Leone espose alla Volpe il motivo delle sue apprensioni e le fece una lunga descrizione della bestia che le avea provocate.
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