Forniva a queste largo nutrimento una mangifera dai frutti succosi; e ogni giorno la Testuggine, trascinandosi sotto quell’albero si saziava di quel tanto che le pennute abitatrici faceano cadere per terra.
S'intende che, a lungo andare, un'affettuosa dimestichezza s'era stabilita fra la Testuggine e le Aquile. Venne però un giorno, in cui le Aquile, vaghe di girar per il mondo, decisero di stabilire il loro domicilio in una lontana contrada. Informata della cosa, la Testuggine non se ne dava pace, e mise in opera ogni sforzo per dissuaderle dal proposito e indurle a rimanere nello stesso posto. Ma vedendo che ogni argomento si spuntava contro la risoluzione già presa, le pregò e scongiurò per quanto di più caro aveano al mondo di prendere anche lei per loro compagna.
- Impossibile, cara,- risposero le Aquile - Tu sei un anfibio; vivi in acqua ed in terra, e noi invece siamo cittadine dell'aria: che mezzo ci può essere per viaggiare insieme?
Checchè dicessero però, la Testuggine continuò ad insistere, ed arrivò perfino a giurare che se le rifiutavano la grazia domandata essa morrebbe di crepacuore e di disperazione.
Mosse finalmente a pietà da un attaccamento così devoto, le Aquile consentirono ad averla compagna nel viaggio. All'uopo, trovarono e portarono una lunga mazza, e prendendo questa ai due capi col becco, dissero alla Testuggine di afferrarsi bene coi denti nel mezzo e di stare attenta, nel compiere la traversata per aria, a non articolare nemmeno una mezza parola. La Testuggine promise solennemente di, seguire il consiglio, e senza più s'attaccò alla mazza e si sentì in un momento sollevata dal suolo e trasportata fra le nuvole.
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