Mentre così maestosamente si libravano nelle regioni superiori dell'aria, accadde che una Volpe fosse testimone dello strano spettacolo, e pensasse immantinente ad escogitare un inganno per far sì che la Testuggine allentasse la presa e divenisse sua facile preda.
- Niente di strano,- disse forte, indirizzandosi alle Aquile,- che voi, alate regine, vi leviate superbe sulle nubi e sui venti; ma che una balorda Testuggine abbia tanta sicumera da imitarvi, è cosa da urtare i nervi più calmi e da muovere il riso.
Le Aquile non risposero verbo e seguitarono per la loro via; ma la Testuggine, punta nel vivo dal sentirsi chiamare balorda, volle ribattere ingiuria con ingiuria. Apre la bocca per rispondere, lascia la mazza cui si reggeva e giù rotoloni per terra.
Ratta come il lampo, le fu addosso la Volpe per farne un boccone, e a più riprese tentò di addentarla; ma il guscio scaglioso che la rivestiva come un'armatura, era così duro che i denti non ci potettero.
- Ohè! - esclamò indispettita la Volpe. - Che vuol dir ciò, signora Testuggine? Tu hai una pelle più dura del corio.
- Si capisce, amica Volpe,- rispose la Testuggine,- ho tanto viaggiato per aria, esposta ai più vivi ardori del sole, che l'epidermide mi s'è disseccata e indurita. Se tu ti compiaci di trasportarmi nello stagno qui vicino, l'acqua a poco a poco mi rammollirebbe, e tu potresti poi trangugiarmi a tutto tuo comodo.
La Volpe, credula e fiduciosa, prese la Testuggine e la trasportò in uno stagno non lontano. Le teneva però una zampa sulla schiena perchè non scappasse.
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