Dopo un po' di tempo, le domandò:
- Ebbene, amica Testuggine! a che ne siamo? s'è rammollita la pelle?
- Sì, - rispose la Testuggine, - per tutto il corpo s'è rammollita meno in quel punto dove tu premi con la zampa, perchè l'umido non vi penetra. Solo che tu la ritiri un momento, anche quel posto diventerà molle come il resto.
La Volpe non se lo fece dire due volte, e ritirò la zampa; ma nel momento stesso la Testuggine dava un tuffo nel più profondo dell'acqua, e di là volgendosi in su, disse in tono beffardo:
- Ebbene, amica Volpe, tu che testè mi onoravi del titolo di balorda, dimmi adesso chi di noi due l'ha meglio meritato.
Mortificata di essersi fatta gabbare da una Testuggine, la Volpe se ne tornò verso la sua tana a lento passo e con la coda fra le gambe.
Quando l'uccello Titiba ebbe così posto termine al suo racconto, rispose la femmina crollando il capo:
-Tutte le tue assicurazioni e le belle storie non valgono a calmarmi. Dice il proverbio che co' più potenti non si deve entrare in dimestichezza. Epperò io non saprei viver tranquilla, esposta come sono a tutti i momenti ad essere inghiottita dal mare furibondo con tutti i miei piccini. Bisogna, checchè ci costi, lasciare un così pericoloso vicino e ritirarsi in luogo sicuro.
Ma le trepidazioni materne, le preghiere, le argomentazioni non servirono a nulla. L'uccello Titiba impose silenzio alla sua metà e dichiarò assolutamente che di là non si sarebbe mosso.
Non passò molto tempo, e la temuta rovina piombò loro addosso. La marea montò, le acque raggiunsero il nido e, ritirandosi, si portarono via i piccini: la madre si salvò, spiccando il volo; ma vista irreparabilmente perduta la famigliuola, si abbandonò alla più amara afflizione.
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