Quando però lo videro immobile, sempre allo stesso posto, si figurarono che si fosse fatto eremita e che avesse di proposito ficcata la testa nel vaso per rendere più aspra la sua penitenza.
Fissi in questa idea, si accostarono i due Conigli ed espressero il desiderio di averlo ad arbitro nella loro contesa, persuasi di non poterne trovare un altro che fosse più equo di quel santo personaggio. Gli esposero per filo e per segno la materia della lite, e qua e là lungo il racconto ripetettero alcune delle ingiurie che s'erano scambiate. Il creduto eremita, prestando orecchio alla loro relazione, fece le viste di volerli interrompere, dicendo che certi scandali lo ferivano al vivo, e che ad un penitente suo pari, dopo aver rinunziato ad ogni cosa mondana, non poteva piacere esser distratto nell'esercizio della penitenza dalla relazione delle turpi avventure che si svolgevano sulla superficie del globo.
Gli scrupoli manifestati dall'infinto eremita non fecero che accrescere nei litiganti la voglia di averlo a loro giudice, persuasi com'erano che una persona di così delicata coscienza non potesse essere che un modello d'imparzialità. Ripetettero dunque con più calore le loro istanze, dichiarando che non si sarebbero allontanati di un passo, se prima non avesse pronunciato la sua sentenza sull'esposto litigio.
Dopo qualche altro sotterfugio, parve decidersi il Gatto, benchè con la massima ripugnanza, ad ascoltare le doglianze dei due Conigli e a costituirsi loro arbitro. Li pregò in conseguenza di togliere pian pianino il vaso che aveva attaccato al collo, per metterlo così in grado di meglio osservarli in viso, non che negli atti e nelle parole.
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Conigli Gatto Conigli
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