Pregherò poi il capo Gufo ad aver pietà del mio stato derelitto, - effetto della mia temerità nell'aver favorito con la parola i suoi interessi - e farò vive istanze perchè mi prenda al suo servizio. Una volta attaccatomi ai suoi fianchi, ne sorveglierò la condotta, spierò ogni minimo suo atto. Cercherò io e saprò cogliere l'occasione di spingere alla rovina lui e tutta la sua razza, e vi avvertirò in tempo, quando sarà scoccata l'ora di compiere l'impresa.
Piacque il piano di Stirangivì al Re ed agli altri due ministri, i quali, seguendone le istruzioni, si allontanarono issofatto e lo lasciarono solo.
Quella stessa notte, tornarono i Gufi per rinnovar l'assalto, e furono colpiti di maraviglia, non trovando nel campo nemico che il solo Stirangivì. Mandava questi i più lamentevoli sospiri, come se un acerbo dolore lo premesse.
- Che hai? - gli domandò il capo dei Gufi, chiamandolo alla sua presenza. - Che cosa è che ti affligge?
- Ahimè! - rispose il Corvo, versando un fiume di lacrime, - sono stato così malmenato dai miei compagni, che poco mancò non ci rimettessi la pelle. Se voi desiderate conoscere il motivo di cotesti maltrattamenti, con tutta franchezza ve lo dirò. Testimone dell'aspra inimicizia che esiste pur troppo fra la vostra razza e la nostra, vedendo i miei fratelli esposti di continuo ai pericoli che voi ci minacciate, io mi feci animo di consigliare al nostro sovrano di conchiudere con voi una pace onorevole, sottomettendosi senza riserve al vostro potente dominio e accettando tutte le condizioni che a voi fosse piaciuto d'imporre.
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