Il povero Bramino giardiniere non si dava pace, vedendo così miseramente perdute tutte le sue fatiche e frustrata ogni speranza di provvedere alla sua scarsa mensa. Bisognava in tutti i modi scacciar le Scimmie. Tentò egli ogni via; ma, checchè facesse, non veniva a capo di nulla: le astute Scimmie fiutavano in tempo la mala parata e sfuggivano sul più bello ad ogni sorta di trappola.
Stanco alla fine di arrabbattarsi senza sugo, si appigliò ad un ultimo stratagemma: prese una manciata di riso cotto e con la mano destra impugnò un nocchieruto bastone. Così provveduto, se n'andò difilato all'orticello, si sdraiò per quanto era lungo sull'erba, in mezzo alle piante, e allargò le braccia, tenendo a sinistra il riso, a destra il bastone, pronto ad accoppare con un buon colpo la prima Scimmia che osasse accostarsi per mangiare il riso. In questa posizione, se ne stava immobile il Bramino, facendo il morto.
Aspetta, aspetta arrivarono finalmente le Scimmie per darsi, come solevano, bel tempo, mettendo ogni cosa a soqquadro. Di primo acchito, saltò loro agli occhi quell'uomo disteso per terra, che pareva stecchito. Che novità era quella? Si accostarono caute e silenziose; guardarono, osservarono, girarono intorno. Il morto aveva una mano piena zeppa di riso, e l'altra armata di una grossa mazza.
- Come mai! - pensarono le Scimmie.- Dove s’è mai inteso che un morto sia armato com’è questo qui? Gatto ci cova! Qui bisogna stare bene in guardia, perché l’astuzia è evidente, ed è proprio noi che si vuol prendere al laccio…
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