Il sangue de' tiranni, cantò Byron, non è sangue umano: essi, come demonii incarnati, si abbeverano del nostro sino a che non venga il tempo di renderlo alle tombe: - a quelle ch'essi hanno tanto popolate(3). - Veda infine il popolo che santo è il morir pella patria; giacchè in tal caso si muor nel mondo, ma si rivive ne' cuori, e s'acquista onor di pianti
Ove fia santo e lagrimato il sanguePer la patria versato, e finchè il sole
Risplenderà su le sciagure umane(4).
La storia delle cinque giornate vivrà eterna in Italia finchè il sentimento dell'onor nazionale, dell'amor patrio e della gratitudine a' caduti non sian soffocati colla libertà e colla morte politica della patria.
Prima però d'intraprendere la storia di quelle giornate riteniamo utile dare uno sguardo fuggevole agli anni che precedettero quell'epoca: e lo facciamo.
Sin dal 1815 noi vediamo l'esistenza della setta dei Carbonari e dei Calderari. Nel luglio 1820 i Carbonari del regno di Napoli principiaron la rivoluzione che si estese anche alla Sicilia, e che, trionfante, obbligò quel re a giurare una costituzione che spergiurava ben tosto e soffocava nel sangue. In Lombardia pure cospirarono i Carbonari, ma furon repressi con eccessivo rigore; fra questi s'annoverò Silvio Pellico da Saluzzo, che venne condannato al carcere duro nella fortezza dello Spielperg in Moravia.
Nel 1821 regnava in Piemonte Vittorio Emanuele I, principe buono, di mediocre ingegno, di carattere irresoluto: da Napoli penetrata in Piemonte la rivoluzione per mezzo delle società segrete, essa trovò appoggio in Carlo Alberto, e vi scoppiò nel marzo di quell'anno.
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