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      Pachta che durante la lotta interna erasi rintanato in un nascondiglio del proprio appartamento, verso le sei ore pomeridiane erasi affacciato alla finestra del secondo piano al rumore di truppa pattugliante, chiamò il comandante di essa, e, tenendo per mano la contessa di Spaur, si fece da' soldati scortare al bastione e quindi in castello, approfittando dell'oscurità, inquantochè le dense nubi che ingombravano il cielo avevano anticipata la sera.
      Trenta furono le vittime cittadine - furon trenta martiri pella patria, - perchè tutti caddero per essa e col nome d'Italia sulle labbra.
      Le figure più salienti in quel giorno furon Cattaneo, Cernuschi e Casati.
      Di Casati e di Cattaneo ecco come ne parla uno storico: "Due personaggi d'indole diversa si distinsero nei cinque giorni della memorabile lotta che i Milanesi sostennero. Il conte Casati, uom timido, misurato, spinto a mescolarsi nei pubblici affari dalla sua qualità di primo magistrato del Municipio, piuttosto nemico della dominazione austriaca che partigiano di libertà, e non curante meno di sè che della patria, aveva, in tempi varii e secondo i casi, ricevuto onori dall'imperatore d'Austria e dal re sardo; perocchè, prevedendo la nimistà che doveva bentosto dividerli, non sapeva da quale parte tenersi, ed attendeva con ansia gli eventi per gettarsi dal lato del padrone che vedesse dalla fortuna favorito. Era altr'uomo Cattaneo. Profondo filosofo, abituato a vita meditativa, capo del partito nazionale, metteva il dispregio forse troppo assoluto di ogni interesse di casta o di corte fra i doveri del suo amor per la patria.


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Storia delle cinque gloriose giornate di Milano nel 1848
Antonio Vismara
di Editore Pagnoni Milano
1873
pagine 141

   





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