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      Pareva che l'edificio ruinasse dalle fondamenta. La porta cedette a quella furia; una breccia fu aperta; l'inimico poteva agevolmente entrare.
      Il Broletto sonava intanto la sua campana a stormo; inutilmente! era impossibile al popolo, per quelle vie anguste, affollate di nemici, avvicinarsi al luogo del combattimento. Rispondeva il nostro fuoco dalle finestre, ma scarsi erano i tiri, le munizioni mancavano. Ci ajutavamo colle tegole, con ogni oggetto atto a percuotere. Con cinquanta fucili combattemmo, dalle ore 7 alle 9, contro a due o tre mila Austriaci. Nessun disordine avvenne durante la difesa. Tutti obbedivano quasi per istinto e senza bisogno d'indirizzo. A caso ivi si trovava il general Teodoro Lecchi, il quale rimase quasi inoperoso. A dir il vero, qualche consiglio per la difesa aveva dato in principio, ma visto il soverchiante numero degli assalitori, proponeva una capitolazione. Nessuno accettò. Come abbiamo detto, a nulla più servivano le armi, perchè finita la polvere. La resistenza tornava inutile; ma la capitolazione pareva troppa vergogna. Certi di veder entrare il nemico, pensammo a nascondere i fucili per non lasciarci cogliere coll'arma in mano. Alcuni non vollero aspettare gli Austriaci, e, mentre questi irrompevano dall'una banda, si calavano con corde dalle finestre nelle vicine case. Altri volevano con l'armi in mano farsi strada. Ercole Durini era fra questi. Tuttavia prevalse l'opinione dei più, quella cioè di restare immobili, poichè la difesa era impossibile, ma senza scendere a pratica d'accordo.


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Storia delle cinque gloriose giornate di Milano nel 1848
Antonio Vismara
di Editore Pagnoni Milano
1873
pagine 141

   





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