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      Uscita la maggior parte dei prigionieri, il Broletto venne occupato militarmente. Si appostarono soldati alle porte, alle finestre, nei corridoi, perfino sui tetti. Nei cortili, nelle sale municipali, i soldati si posero a bivacco. Non č a dirsi qual mostra facessero di sč quei ceffi bruni, lordi di sangue, ebri di vino e di furore: guastavano, rompevano armadii e suppellettili, e ciō che non poteva portarsi via si gettava nel fuoco. Bestemmie e vituperii accompagnavano quella scena. L'infermeria era assiduamente vigilata. Il prete era quello che pių aveva a patire per i mali trattamenti dei soldati. Per essi egli rappresentava Pio IX; nč valeva che egli si gettasse ai piedi di quei soldati bestiali, onde ammansarli. Nč i feriti erano trattati meglio; le sentinelle li frugavano per ogni canto: li derubavano di quanto ancora veniva loro alle mani. Ma la maggior briga era per le armi nascoste. Alcuni dei nostri, prima d'andare al Castello, avevano celato tra i materassi qualche pistola; e allorchč i soldati le trovavano, vomitavano minaccie di morte contro il prete o il medico. Gli stessi ferri della mia professione non poterono andar salvi dalla rapina. Senza dar retta alle loro minaccie, ancorchč privo de' miei ferri, badava al mio dovere. Vennero poi alcuni officiali a visitare i prigionieri rimasti, e quasi per derisione vantavano umanitā. Ma di qual sorte la si fosse, io lo vidi cogli occhi miei nelle camere del delegato.
      Erano tramutate in caserma. Senza badare a sua moglie, ad un vecchio fratello, ai figli, tutti ancora bambini, gli officiali se ne stavano sdrajati sui letti nelle guise pių sconcie, senza darsi pensiero alcuno della presenza d'una famiglia.


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Storia delle cinque gloriose giornate di Milano nel 1848
Antonio Vismara
di Editore Pagnoni Milano
1873
pagine 141

   





Broletto Pio IX Castello