Ma la patria prima di tutto e sopra tutto! e il sacrificio fu consumato.
Nè l'Uboldo, che amava come parenti quelle reliquie d'un'età remota, si dolse del gravoso sacrifizio che la patria gli domandava, e volonteroso cedette le armi al bisogno imperioso della sua terra... Furon pure spogliate le sale d'armi antiche e moderne (di molto valore) di Pezzoli, l'armeria degli I. R. Teatri, ecc.
Difettose eran l'armi da fuoco all'uso della guerra, ma difettose ben più eran le munizioni; in un momento però si cercò provvedervi nel modo e colle forze che si avevano. Il chimico Calderini, in casa Borromeo, altri in casa Calvi, in Bocchetto, fabbricavan polvere: lo speziale Ballio, alla corsia della Palla, preparava cotone fulminante e buona polvere. Altrove fabbricavansi palle. Il tutto distribuivasi poi ai combattenti.
Distinzioni sociali non dividevano il popolo: il ricco fraternizzava coll'operajo: ognuno attendeva colle provvisioni che aveva a preparar cibi pei combattenti non solo, ma pelle famiglie loro ben anco.
Il Codice penale era scritto sui muri: MORTE AI LADRI! MORTE ALLE SPIE! E la rivoluzione di Milano si mantenne illibata da ogni rapina, da ogni furto: si invadevano i pubblici uffici onde prenderne possesso: ma nulla si toccava, niuno osò mai appropriarsi il valore di un soldo. Anzi moltissimi sono gli esempi di valori ritrovati da poveri operai e scrupolosamente consegnati all'Autorità.
Il sentimento religioso rafforzava gli animi nello sfidar la morte, perchè la rivoluzione era stata benedetta dal pontefice Pio IX e dall'arcivescovo di Milano.
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