Ma giunto sull'angolo della via detta dei Tre Monasteri, ora Romagnosi, veniva d'improvviso affrontato dal figlio di Garimberti, che gli gl'intimò l'arresto. Il Ferrabini si rifiutò di seguirlo ed oppose gagliarda resistenza; circondato però dalle guardie di Polizia, sopraffatto dal numero, ferito replicatamente alla testa, nella schiena ed alla mano destra di cui ebbe mutilato un dito, veniva sospinto dalle punte delle bajonette entro l'ufficio del Circondario.
Perquisito sulla persona, gli si rinvennero proclami rivoluzionarii. Ciò bastò perchè lo si abbandonasse giacente a terra, perdendo sangue dalla testa, e gli si niegasse persino la somministrazione invocata di un po' d'acqua. Nella notte venne trasportato nella infermeria delle carceri di S. Margherita, ove vi rimase sino al 20 marzo in cui fu liberato dalla rivoluzione vittoriosa.
I Tedeschi, vedendo che gli avvenimenti prendevano ogni giorno una piega peggiore per loro, pensarono di trattare un armistizio cogli insorti onde guadagnar tempo, potersi fornir di viveri, rimarginare i danni sofferti nelle lor file, procurarsi nuovi rinforzi e preparare nuovi mezzi di offesa e di difesa. Fu incaricato di questo negozio un maggiore dei Croati Ottochan; credesi fosse quello stesso Sigismondo Ettingshausen che trattò qualche mese dopo per la resa di Peschiera.
Il maggiore, presentatosi verso il mezzodì del 20 marzo ad una barricata, dichiarando esser parlamentario, cogli occhi bendati fu scortato dai cittadini al Consiglio di Guerra.
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