Altri soldati penetrarono nel borgo di Viarenna (oggidì Via Arena) e di là nella stretta Calusca, ove abbandonarono al saccheggio quelle case e vi commisero ogni sorta di orrori. Là vi trucidarono pure tre cittadini che furono: Giuseppe Gambaroni, d'anni 58 circa, venditor di rotelle di corteccia, (in milanese robiœul); Antonio Piotti, d'anni 28, fabbro ferrajo; e Giuseppe Belloni, cuojajo; i quali, tratti in una vicina ortaglia, dopo averli straziati in ogni modo, moribondi li copersero di paglia a cui appiccaron fuoco; semivivi abbruciandoli, e respingendo nelle fiamme chi tentava sottrarvisi.
Nella caserma di S. Eustorgio si trovò una panca su cui eravi sangue raggrumato, e sotto la panca vi si osservò un paja di scarpe civili. Ciò tutto induceva a ritenere l'esistenza di un assassinio.
Nel vicolo del Sambuco vi si rappresentarono nuove scene di orrore. I soldati che passavano sul vicino bastione si vedevano ridotti a bersaglio di un fuciliere nascosto in una casa esistente nel vicolo del Sambuco; e i colpi non erravano in quell'umano bersaglio, ma tutti miravano giusto! I soldati allora precipitaron dal bastione nella casa ove ritenevano partire i colpi, e, penetrati nell'osteria della Palazzetta, vi pretesero da mangiare e da bere, vi ferirono l'oste e sua moglie; quindi gli abbruciarono.
In tutta la giornata però non vacillò il coraggio de' cittadini, ma nelle prove s'assodò, si rinforzò, dilatossi. Siccome però il popolo doveva invadere pubblici edificii per scacciarne il nemico; e doveva poi anche custodire le proprietà devolute alla patria, così venne pubblicato il seguente proclama
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