I consoli residenti in Milano, che si erano interposti sin dal principio del combattimento per comporre le quistioni fra le due parti ed evitare un bombardamento, eransi rivolti alla Municipalità onde communicarle la lettera di Radetzky, chiedendo da essa una risposta in proposito.
Ora, lasciò scritto Cattaneo, mentre dopo il mezzodì del quarto giorno stavamo concertando con Borgazzi per l'assalto al bastione, la Municipalità ci invitò a convenir seco lei intorno alla risposta da darsi ai Consoli che sarebbero venuti a riceverla verso le ore tre.
Proponevasi, diversamente dal giorno innanzi, non armistizio di quindici giorni ma di tre; libera una porta, sì all'entrata delle vettovaglie, che all'uscita degli stranieri, ed anco dei cittadini; ma non estesa la tregua alla campagna.
Casati, assentendovi per sè, pregò il collaboratore Giuseppe Durini a ripeterci un sottile ragionamento che aveva già fatto ai municipali, provando che l'armistizio avrebbe giovato più a noi che al nemico che lo dimandava! I collaboratori e i loro(38) seguaci se ne mostravano già tutti persuasi; tranne Achille Mauri, che pure faceva già loro da secretario.
Invitato da' miei colleghi ad esprimere il loro voto, osservai che, dopo un nuovo giorno di vittoria, il richiamare dal combattimento i cittadini era divenuto ancora più difficile; e che non conveniva dar tempo al nemico di ritorcere tutte le forze sulla campagna. - E infatti lettere intercette si scopersero poi, che, s'ei si avviliva a dimandare quella tregua, era solo perchè i tre giorni gli abbisognavano per avere in Milano mille e duecento grosse bombe, sbarcate allora in Piacenza.
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