Per poi viemeglio riuscir nel mio intento non iscarico la caraffa in un colpo sopra la faccia armata del suo scudo, ma gradatamente con una scintilla per volta, o (che è d’un bel tratto più efficace) portando a combaciamento la base, o l’uncino della caraffa colla faccia nuda del mastice, e scorrendovi sopra per tutto, onde imprimere, dirò così, ad ogni punto la competente porzioncella di carica. Per tal modo e con tale attenzione trovo più spediente di elettrizzare il mio apparecchio ben anche la prima volta, senza applicarlo immediatamente alla macchina per mezzo solamente d’una caraffa carica; e se vaghezza mi prende di far senza interamente d’ogni macchina, e nulla prenderne ad imprestito, ci riesco con pochissima pena usando un leggiere stropicciamento di mano, o panno, o carta, o (che è meglio) pelliccia fina, e bianca sulla faccia del mastice ancor vergine, col quale strofinamento produco primamente, e in un attimo una discreta elettricità, che messa poi a profitto mercè il replicare una, o due fiate l’artificio già descritto di caricare un caraffino, e rinfondere la carica sulla superficie del mastice, arriva in brevissimo tempo al sommo di vivacità.
Se mi chiedete dopo quanto intervallo di tempo faccia mestieri di ricorrere a cotale industre modo di ravvivare l’elettricità moribonda, perchè non si perda del tutto, vi dirò non aver io fissata, nè potersi per avventura fissare regola alcuna. Sono però in grado d’assicurarvi che dopo il corso non già d’ore, o di giorni (soprattutto se l’apparecchio si lasci buona parte del tempo in riposo, e ben custodito, sicchè si mantenga asciutta, e pura la faccia del mastice) ma d’intere settimane l’elettricità non vi verrà mai meno, solo che vi prendiate la cura di replicare due, o tre volte il giuoco della caraffa.
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