Adunque un Elettroforo da tasca, qual è il descritto nelle figure, che porta lo scudo del diametro di pollici cinque inglesi, mi dà scintille alla distanza di due buoni diti, e talor più. Con un’altro, che fu il primo da me costrutto di pollici otto, e tre quarti le ottengo all’intervallo di più di tre diti; e da uno di pollici diciassette vengono sì scuotenti, e fragorose, che son quasi insoffribili. Io mi aspetto da uno che sto facendo costruire di più di due piedi di diametro, effetti sovragrandi, e strepitosi, superiori a quelli della miglior macchina ch’io mi abbia visto: giacchè mi s’ingrandiscono smodatamente i segni in ragione che cresce la superficie. Eppure con una superficie sì poco estesa, com’è quella di due pollici nel piccolo Elettroforo che ho chiamato esploratore i segni sono bastantemente forti per manifestarsi con scintilluzze, e dare una carica sensibile ad una piccola boccetta.
Ma ecco le attenzioni necessarie per averne sì grandiosi effetti: e primamente riguardo alla costruzione. Egli è di troppo essenziale che lo strato del mastice sia sottile; e il meglio è sempre che lo sia il più che far si possa, salvo che la troppa sottigliezza non provochi la scarica attraverso l’istesso mastice: perciò è da curar bene che alcuna screpolatura non dia luogo ad una spontanea esplosione; e l’orlo pure del piatto deve restare convenientemente distante dallo scudo od essere coperto dal mastice, ad oggetto di permettere la più forte carica, senza che se ne ecciti l’esplosione spontanea.
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Elettroforo Elettroforo
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