Eccovi, Amico, un nuovo indirizzo per la costruzione di quel tremendo Elettroforo che vorrei pur veder eseguito: ecco le correzioni che ho potuto immaginare tanto riguardo allo scudo, quanto riguardo al piatto, o disco. Saranno queste le ultime? Non so. Ma non le chiamate perciò inutili: sono sempre passi che portano all’ingrandimento, e i dati fin quì non furono mai senza alcun progresso.
Non termino senza darvi un ragguaglio delle considerazioni mie sul raro fenomeno di elettrizzarsi costantemente in più, il mastice di quel mio grande Elettroforo. Io sono ben persuaso che voi non sarete riuscito ad osservare il medesimo in qualunque maniera vi ci siate preso. L’essere l’apparato grande, o piccolo punto non rileva; nè io ho voluto insinuare che la grandezza mettesse quella differenza: indicai solo che il mastice il quale mi presentava tale singolarità era quello dell’apparato grande, sebbene ne fosse la composizione simile agli altri mastici che adoperava. Era difatto così la cosa riguardo agl’ingredienti, e manipolazione, ma io non poneva mente a un accidente sopravvenuto durante la cottura del mastice, che ha dovuto alterarlo: l’accidente fù che vi si appiccò la fiamma, e ne venne in molta parte consumato: il residuo contrasse dell’abbruciato, o del carbone di maniera che lascia sempre tinta la mano, o la carta quando si stropiccia, e facilissimamente si sfregola. Dunque ho concluso che da questa alterazione dipenda l’indole mutata nel mastice di elettrizzarsi, cioè positivamente.
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