Non senza difficoltà ho io potuto intendere, Signore, cotesto vostro tedesco, attesa la poca cognizione, che ho di cotal lingua; di che mi duole pur assai. Se voi trovaste mai la medesima difficoltà rispetto al mio italiano, starebbero tra di noi le cose pari. Se non che io voglio pur procurare di rendermi, o più scusabile, o ben anche più benemerito di voi, accompagnanando i fogli impressi con alcuna cosa scritta di mia mano, e alla meglio che mi verrà fatto in una lingua, che non è la vostra nè la mia, ma che saravvi senza dubbio più famigliare che l’italiana 37.
Non mi sorprende punto, Signore, che voi stimiate dover diffalcar molto da quel merito, e vanto dell’Elettroforo, che il volgo de’ Fisici, siccome voi dite, troppo precipitosamente gli ha accordato. L’ammirazione, che molti ne presero ha oltrepassato, e quello ch’io poteva a buon dritto pretendere, e ciò che avrei mai potuto sperare. Si è tenuto in conto di una scoperta mia propria quello, ch’io fui ben lontano dall’attribuirmi, val a dire un nuovo genere di Elettricità, ossia una nuova maniera di eccitarla. Si può vedere per altro, ch’io faceva intendere assai chiaro col primo annunzio che uscì del mio nuovo apparecchio nella Scelta d’Opuscoli di Milano per il mese d’Agosto, e più apertamente ancora colla lettera al D. Priestley in data de’ 10 Giugno, pubblicata in appresso nella medesima Scelta, ch’io non avea fatto altro più, che tener dietro, e dar risalto a un ramo di Elettricità, che già era noto sotto il nome di Elettricità Vindice.
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