Epino dietro il celebre sperimento de’ Gesuiti di Pekino, Symmer con le sue calze di seta, Cigna con una serie di sperienze analoghe prodigiosamente combinate, e variate, e in gran parte nuove hanno aperta questa bella carriera, nella quale entrato il Padre Beccaria vi ha fatto di vero i più gran progressi, giugnendo a stabilire delle leggi semplici, e luminose. Parlo di alcune di queste leggi ossia canoni, non già di tutte, e nullamente delle sue Teorie, cui ho avuto sempre in mira di oppugnare rispetto ad uno de’ precipui capi (ciò che anche mi provai di fare nella lettera latina menzionata), e cui mi applico presentemente più di proposito a riformare, come già accennai.
Ritornando ora al mio apparato, mi pare aver lasciato abbastanza intendere, che io ne riduco tutta la novità, per quanto è della sua costruzione, alla miglior foggia d’armatura, ed allo strato resinoso sostituito alla lastra di vetro: quanto poi sia degli effetti, all’intensità costante dei segni elettrici, e vera perennità di essi: ciò che vale ad esprimere per se solo il nome di Elettroforo perpetuo. Non deggio però dissimulare le opposizioni, che intorno a ciò sò essermi state fatte; e sono: che la disposizione propria dei corpi resinosi ben più che del vetro a ritenere l’elettricità, è stata osservata, e conosciuta gran tempo prima di me da Grey, Du-fay, Epino ec.: che quest’ultimo inoltre in compagnia di Wilke ci avea dato l’esempio di un vero Elettroforo con quel bellissimo esperimento dello zolfo fuso in una coppa di metallo, ond’egli traeva i segni elettrici sì dal recipiente, come dal corpo di zolfo, ogni volta che ne li disgiungeva: e ciò anche dopo settimane, e mesi.
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