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      Ma non è meno certo, che con un simile apparecchio non si può sperare di caricare una boccia che debolmente, e ciò anche con molta pena, ed imbarazzo, laddove nulla v’ha di più facile che il caricarla convenientemente, e ad ogn’ora coll’Elettroforo, e sì anche con uno da tasca.
      Mi cade ora a proposito di domandare, se un tal nome, che conviene tanto propriamente al mio apparecchio, e che è stato comunemente addottato, converrebbe di pari a quello di Cigna, o a quel d’Epino, o alle lastre del P. Beccaria. Accordiamolo loro pure: sicuramente però, che quest’altro termine di perpetuo, il qual compete a tutto rigore al mio Elettroforo, niuno pensa tampoco di appropriarlo a qualsisia degli altri. Sfido tutti gli elettrizzanti, se alcun d’essi con lastre di cristallo, o con calze di seta applicate a laminette sottili di metallo può perpetuare l’elettricità, anzi solo mantenerla, senza nuovo strofinamento, o senza prenderne altronde in imprestito, a molti giorni. Vi si giugnerebbe, ne son ben d’accordo, colla coppa, e massa di zolfo d’Epino, mercè il giuoco di caricar la boccetta, e portarne indi il fondo a scorrere sulla faccia stessa dello zolfo: al qual giuoco però nè esso, nè alcun altro ha giammai pensato, avendolo io, per confessione degli stessi miei oppositori, e ritrovato, ed insegnato il primo.
      Non è già poco per me, che essi faccian caso di questo giuoco della boccetta, intantochè ne apporta la perpetuità dei segni elettrici: s’eglino ristringono a ciò tutto il merito della mia scoperta, e i pregi dell’Elettroforo, non me ne chiamerò scontento, quantunque vi sia apparenza almeno, che io potessi pretendere a qualche cosa di più. Ella è finalmente questa perennità dei segni, e cotesto giuoco singolare della boccetta, che ho fatto tanto valere, e su cui ho più di tutto appoggiato ne’ miei primi scritti.


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Collezione dell'opere del cavaliere conte Alessandro Volta patrizio comasco
Tomo Primo - parte prima
di Alessandro Volta
Editore Romei Firenze
1858 pagine 227

   





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