Dopo la descrizione succinta, che voi quì vedete nei fogli stampati, ho fatto un gran numero di sperienze, le quali somministrano molto lume per la teoria delle Atmosfere, e dell’Elettricità vindice, che ho pubblicate in parte, e in più gran parte riservo per la Memoria, che ho promesso. Amerei pure farvene parte, se i limiti di una lettera me lo permettessero: per angusti però che siano vuò farmi luogo a comunicarvi un’osservazione, che concerne direttamente la costruzione dell’Elettroforo. Con tutta la buona fede deggio confessar un inganno da me preso. Ho inculcato in più d’un luogo, che lo strato resinoso debba essere sottile, in difetto di che non agirebbe di lunga mano così bene: in vero io riguardava ciò come il più essenziale alla grandezza degli effetti; m’ingannai. Non mi rincresce la confessione d’un errore, massime che a rinvenir sul giusto m’insegnarono le sperienze d’un Principe illuminato, che in mezzo alle cognizioni estese in ogni genere di utili, e sublimi scienze, e a quella più difficile di governare, nutre un gusto particolare per le naturali cose e sa trovar de’ momenti da consecrare ai trattenimenti di Fisica, e che non ha poco contribuito a dar grido, e voga al mio Elettroforo, per mezzo d’uno che ne inviò al Sig. Ingen-housz. Egli è dunque provato, e costante, che la spessezza di più linee, e fin d’alcuni pollici nello strato resinoso non toglie all’Elettroforo di agire vigorosissimamente, come io avea avanzato; sebbene poi, a dir tutto, una minore spessezza sia preferibile per altri riguardi e sono: primieramente che uno strato sottile, oltre l’uso come Elettroforo, può servire di un buon Quadro Magico, vale a dire ricevere una grande carica, e dare una violenta esplosione; ciò che uno strato troppo grosso non giugne mai a fare, com’è noto per i principj delle cariche.
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