XXXVI. Ma v’è di più ancora, e questo è propriamente che fa al nostro caso. L’istesso conduttore ritenendo la stessa superficie, e la forma sua non mutata acquista maggiore capacità allorachè in luogo di rimanere isolato solitariamente si affaccia a un’altro conduttore non isolato; e l’acquista tanto sempre maggiore, quanto vi si affaccia più davvicino, e quanto le superficie che si presentano un l’altro sono più larghe. Io chiamo quel conduttore isolato che ne ha un’altro di fronte (sia questo non isolato, come nel caso nostro, sia anche isolato, elettrizzato, o nò), lo chiamo conduttore conjugato; e già io aveva promesso nella mentovata dissertazione, trattato avendo della capacità de’ conduttori semplici, o solitarj, di trattare in seguito di quella dei conduttori conjugati.
XXXVII. Tale circostanza, che accresce prodigiosamente la naturale capacità di un conduttore, quella è sopra tutto, a cui non trovo che si sia fatta ancor la debita attenzione; molto meno che alcuno ne abbia tratto quei vantaggi, che dall’applicazione facilmente ne derivano. Ma veniamo a quelle sperienze più semplici, che ci mettono sott’occhio questa accresciuta capacità.
Prendo un disco di metallo, (il solito scudo d’elettroforo per esempio), e tenendolo in alto isolato lo elettrizzo a una data forza, quanto basta; supponiamo, a fare un’elettrometro annesso si tenda a 60 gradi; calando indi esso disco gradatamente verso una tavola od altro piano deferente, ecco che decade l’elettrometro dai 60 a 50, 40, 30 gr.
| |
|