Ancor passati alcuni giorni si ritornò alle sperienze essendo di compagnia anche il Sig. Le Roy membro esso pure dell’Accademia Reale; ma nè la combustione, nè l’evaporazione dell’acqua non dieder segni sensibili: di che accagionammo l’esser l’aria umidissima per il tempo piovoso che faceva. Pur ne ottenemmo colla generazione dell’aria infiammabile nel momento della più viva effervescenza: e se l’elettricità non fu questa volta così forte da scintillare, lo fu abbastanza perchè ne distinguessimo chiarissimamente la specie, che era negativa.
Prima di lasciar Parigi (che fu il 23 Aprile) volendo io mostrare qualche sperienza di questo genere ad un’amatore di elettricità, e valente macchinista, il Sig. Billaux, una volta che mi trovai nel suo laboratorio, presi una giara di vetro, e sospesala a un cordoncino di seta, vi misi i materiali per la produzione dell’aria infiammabile: avea fatto entrare nella giara medesima un filo di ferro in modo che toccasse la limatura, e l’altro suo capo sporgente venisse a comunicare coll’elettrometro sensibilissimo del Sig. Cavallo. Quando l’effervescenza fu salita al sommo, e la spuma sormontava i labbri del vaso, le palle scostandosi, dieder segno di elettricità; nè questa fu così debole, che non potesse conoscersi esser negativa.
Le sperienze coll’evaporazione dell’acqua, che non avean troppo bene corrisposto a Parigi, ebbero poco tempo dopo molto miglior successo a Londra, quando mi suggerì l’espediente di gettare dell’acqua sopra i carboni accesi ch’erano in un braciere isolato.
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