Convenuto dunque che avremo di queste tre cose, del diametro che si vuol dare ai piattelli, del peso onde andrà gravato quel d’essi che tiene alla bilancia, e del grado cui dee segnare il quadrante elettrometro per quell’elettricità che vince appena tal peso, riusciranno tutti gl’istrumenti di questa specie comparabili, cioè d’accordo tra loro, nulla meno di quel che lo riescano i termometri. Dirò di più, ch’io confido tanto in questo mezzo, che preferire lo vorrei a quello da me già proposto di sopra, di ridurre cioè il quadrante-elettrometro a un dato rapporto coi gradi degli elettrometri a boccetta; e che in luogo di fissar uno di questi per elettrometro fondamentale, penso a costituir piuttosto quello per norma, e a ridurre quindi al desiderato rapporto con esso lui tanto i detti elettrometri a boccetta, destinati a misurare i piccoli gradi di elettricità, quanto un secondo quadrante elettrometro, dico, che serva per l’elettricità molto forte, e potendosi anche quello a foggia di pesaliquori per la fortissima. Non sarà difficile infatti di ridurre prima un di quegli elettrometri a boccetta, e a paglie grossette al segno di marcare un doppio numero di gradi di tal quadrante elettrometro fondamentale, cioè 20 per 10, 16 per 8 ec., indi di ridurre l’altro pure a boccetta, e a paglie sottilissime a segnare cinque gradi per uno del compagno, e dieci per conseguenza per uno del quadrante elettrometro già detto: siccome non lo sarà di ridurre un secondo quadrante elettrometro, mercè il caricarne il pendolo di grossa palla, a segnare cinque volte men gradi dell’altro fondamentale, cioè 6 per 30 ec.
| |
|