Appeso dunque il mio piattello di 5 poll. di diametro alla bilancia parallelamente ad una tavola in distanza di 2 poll., e comunicatagli l’elettricità con una boccia carica 45 gradi del mio quadrante-elettrometro, che colla correzione (di cui ho parlato nella lettera precedente) valgono circa 50 gradi, trovai che facea alquanto inclinare la bilancia dalla sua parte, gravata essendo la lance opposta di un soprappeso di 24 grani. Or dunque ripetendo l’esperienza con aver prima lasciata decadere la carica della boccia a 35 gradi dell’istesso elettrometro, il peso vinto dall’attrazione fu la metà giusto di prima, cioè 12 grani; diminuita ancora la carica, e ridotta a 25 gradi, il piatto, cui s’infuse cotal elettricità non tirò che 6 grani; e finalmente 3 soli con carica di 17 in 18 gradi.
Nell’istessa ragione duplicata ho poi anche trovato, che diminuisce l’attrazione crescendo le distanze, cosicchè a doppia, tripla, quadrupla distanza l’attrazione diventa quattro, nove, sedici volte più piccola: onde ne viene, che per avere un’attrazione eguale ad ogni distanza si richiede, che nella stessa semplice proporzione con cui cresce, o diminuisce questa, cresca, o diminuisca anche la carica della boccia, cioè che sia essa pure doppia, tripla, quadrupla, per doppia, tripla, quadrupla distanza ec. Lo che ho pure confermato con molteplici sperienze; le quali, siccome tutte le altre di cui ho già parlato, mi hanno dato sempre de’ risultati conformi alle indicate leggi, e tanto più precisi, quanta più diligenza, ed accuratezza vi ho impiegato, e il tempo era più favorevole a mantenere in perfetto stato gl’isolamenti, e alla durata dell’elettricità, richiesta in tutte le delicate sperienze di questo genere.
| |
|