Ecco dunque la virtù delle punte ridotta in molti casi a niente; ogni volta cioè, che o per difetto che abbiano di acutezza o di sporgimento, o per debolezza di elettricità, non ha luogo il venticello. Ecco come la fiamma si lascia addietro di gran lunga una punta metallica la più fina e sporgente che mai possa adoprarsi, nel tirare a se dall’aria, o da qualunque altro corpo più o men coibente l’elettricità, giungendo ad estrarne quella cui niuna punta varrebbe ad assorbire, ad estrarla ed imbeversene largamente, per mezzo della corrente d’aria rapida ed estesa, che essa fiamma non manca mai d’eccitare, e mantenere, finchè dura ad ardere, e mercè il rendere codest’aria col vivo suo calore deferente.
Tra molte sperienze che ho fatte per comprovare, e mettere sott’occhio come la tenacità, onde i corpi coibenti ritengono ostinatamente la debole elettricità in qualunque modo acquistata, tenacità in niun modo vincibile dalle più acute punte metalliche, è all’opposto sì facilmente vinta dalla fiamma, scelgo quelle soltanto che sono più parlanti, e che può ognuno facilmente ripetere. Presentate al di sopra dell’elettrometro a boccetta armato semplicemente della sua verga metallica puntuta, presentategli in distanza di un mezzo pollice, ed anche meno, la faccia resinosa nuda di un elettroforo debolmente elettrizzato, quale e. g. si trova dopo un riposo di più giorni; i pendolini dell’elettrometro si apriranno di 2, 3, 4 gradi: movete innanzi, indietro, e in giro quel piatto, affine di presentare all’apice della verga molti punti della stessa superficie resinosa; questo non accrescerà, nè sminuirà notabilmente la divergenza di detti pendolini, purchè tengasi cotal piatto sempre alla medesima distanza: visto ciò, ritiratelo, e osserverete cadere i pendolini dell’elettrometro, e giacersi indi paralleli e inerti.
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