Or che non potrà sopra di essa aria la fiamma col mezzo di sì gran calore, e della rarefazione che vi produce a un tempo? Non la porrà in istato di comunicare senza ritegno, e quanto esige l’equilibrio, quella qualunque elettricità che possiede, al conduttore che le si presenta, e su cui brilla essa fiamma? Tanto basta, perchè tal conduttore cominci a mostrarsi realmente elettrizzato, producendo segni permanenti in un sensibile elettrometro. Questa elettricità sarà, a dir vero, molto debole in questo primo momento, corrispondentemente alla scarsa dose, che il conduttore può acquistarne da quel piccolo volume d’aria, che tocca immediatamente la fiamma, e fa, come dicemmo, corpo con essa: sarebbe quindi poco il guadagno fatto, se l’aria restasse in riposo, nè punto si cambiasse intorno alla fiamma medesima; ma non è così, poichè anzi eccitasi una corrente rapidissima continuata, per via dell’aria estremamente rarefatta dal calore, la quale obbligata con ciò a salire viene incessantemente per legge d’equilibrio rimpiazzata da altrettanta aria, che accorre da tutti i lati. Quest’aria novella venendo pur essa a comunicare alla fiamma, e per di lei mezzo al conduttore la sua elettricità, è facile concepire, che dee recarvi a ciascun istante sempre nuovi aumenti, fino a che l’elettricità di detto conduttore non sia portata ad un grado eguale a quello che regna nell’aria medesima colà sopra la fiamma, dove cioè giunge il suo vivo calore: il che si compie in pochissimo tempo, per la grandissima affluenza d’aria ad essa fiamma; affluenza, la quale, comechè si renda in più d’un modo manifesta, è tuttavia più grande di quello che comunemente s’immagini.
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