Sì; Signore, lo ripeto, nè temo d’insistere troppo su di ciò: niuna elettricità debole o forte, niun corpo fra quegli, che la ritengono il più tenacemente, e durano lunga pezza avanti lasciarsene spogliare, può reggere contro la forza sollecitante e vittoriosa della fiamma: essa è capace di portarsi via presto e bene l’elettricità anche debole all’ultimo grado, e d’involarla, come ad ogn’altro coibente, così in ispecie all’aria, e a questa anzi con maggiore facilità, per le ragioni di sopra esposte. Le punte metalliche, la cui virtù a questo riguardo si è tanto vantata, restano in ciò infinitamente al disotto della fiamma; poichè, sebbene attraggon di leggieri l’elettricità forte, punto o poco valgono (come si è veduto) ad attrarne una che sia debole molto, tal che non giungono che in capo a lungo tempo a spogliarne, sia l’aria, sia altro corpo coibente; laddove la fiamma, come ho mostrato, comincia a ciò fare fin da’ primi istanti, e tutto compie colla massima prestezza. Ecco come un conduttore isolato, in cima al quale arde una fiamma, ha ben tosto acquistato un grado di elettricità eguale a quello, che anima lo strato d’aria, a cui giunge il vivo calore di questa fiamma: ciò che fare non può un semplice conduttore quanto si voglia acuminato, il qual non beve realmente e non s’appropria, almen così presto, l’elettricità dell’aria (eccetto quella che sia forte oltre a un certo grado), e non ne è affetto che conformemente alle leggi delle atmosfere elettriche.
Vi ha ancora un’altra prerogativa tutta propria della fiamma, di cui non debbo lasciare di parlare.
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