Ma di tal forte elettricità e di tal venticello, mercè di cui le punte metalliche traggono a se con tanta prestezza, e sì agevolmente l’elettricità, che poco allora la cedono alla fiamma, non ci proponiamo di parlare qui di nuovo, che altro è il nostro scopo. Ciò che abbiamo in vista è l’elettricità debole, quella blanda elettricità che suol regnare nell’atmosfera a piccole o mediocri altezze da terra; e di questa torniamo a dire, che se un conduttore terminante semplicemente in punta non vale ad attrarla e ad imbeversene tosto, fino al punto dell’equilibrio, la sola fiamma essendo da tanto; non lascia peraltro di succhiarne a poco a poco, e con estrema lentezza qualche piccola dose, come già parlando nell’altra lettera de’ conduttori Frankliniani molto elevati 36 ho fatto rimarcare, mostrando come in termine di un quarto d’ora, e meno ancora, si può raccogliere in una piccola boccetta di Leyden tale quantità di elettricità, che col condensatore arrivi a rendersi sensibile. Or quì aggiungerò, che codesto istillarsi dell’elettricità dell’aria nel conduttore atmosferico, oltre all’essere sommamente lento, a fronte di quello che accade allorchè v’interviene la fiamma, non si può dir neppure che si faccia per la punta più che per tutto il resto della superficie di esso conduttore: tanto è vero che una punta, ove non ecciti il venticello elettrico, a nulla vale. Io mi sono assicurato di ciò, sostituendo alla punta del conduttore atmosferico una palla; con che ottenni nè più nè meno, innalzandolo, come per l’addietro, gl’istessi segni di prima.
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Frankliniani Leyden
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