E quì ancora, se vogliasi lasciar sussistere quella prima elettricità di pressione, schivando di toccare il conduttore, non andran già rinforzandosi col tempo i segni dell’elettrometro, e crescendo la divergenza de’ pendolini, ma decaderanno anzi a vista d’occhio; tanto più che l’umidità nuoce sommamente all’isolamento dell’apparato, e lo distrugge affatto, se troppo a lungo vi rimanga questo esposto.
Che se l’aria finalmente sia sopraccarica di vapori, regnandovi fino a terra folta nebbia, e più se ne distillino minute goccie, e più ancora se sia rotta da vera pioggia, o da neve; non essendo più allora l’aria sola, che comunica al conduttore atmosferico l’elettricità, ma sibbene i fiocchi di neve e le goccie d’acqua, sostanze deferenti, ne verrà che esso conduttore contragga da quelli in più breve tempo una dose sensibile di elettricità, la quale anche distrutta coi toccamenti risorgerà ben tosto. Con tutto ciò fia questa ancora molto inferiore in forza a quella dello strato d’aria, a cui giugne la punta di detto conduttore, a quella in somma ch’ei contrarrebbe, se in cima vi brillasse la fiamma. Ho fatto più volte queste sperienze, piovendo e nevicando, sì col piccolo apparato portatile, che coll’altro a lanterna (il quale non può essere più comodo per simili tempi); ed ho confrontato i segni che ottenea adoperando la fiamma, e sopprimendola: or quando coll’intervento della fiamma i segni elettrici salivano es. gr. a 20, 30, 40 gradi, e, distrutti con qualche toccamento, si rimetteano in men di un minuto allo stesso segno; senza la fiamma, fosse pur densa la pioggia o la neve, arrivavano a stento alla metà, cioè a 10, l5, 20 gr., e distrutti non si rimettevano che a capo di più minuti.
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