Una tale speranza concepita con tali riserve, e a tai limiti ristretta, non deve già sembrare ridicola; e può bastare ad incoraggire a far delle prove: le quali sole finalmente mostreranno la molta, poca o niuna utilità del metodo, che ardisco proporre.
Ma quale metodo mai? Uno, che ben lungi dall’esser nuovo, trovasi praticato fin dalla più rimota antichità; insorgerebbe quì qualcuno di quegli Eruditi, che trovano tutta la Natura spiegata nei riti degli Antichi, soprattutto in quelli de’ tempi favolosi. Qual rito infatti, qual pratica vi ebbe mai più universale che quella di fare le offerte alla Divinità del Cielo col fuoco e la fiamma de’ roghi, e col fumo delle vittime che si sagrificavano giusto ne’ luoghi più aperti, e sulle eminenze più dominanti? E non si proponevano appunto quei primi mortali di calmare la collera del Cielo, di declinare il rigore delle sue minaccie, di disarmare infine il braccio fulminante di Giove, per mezzo di questi olocausti della fiamma pura e del fumo accettabile che facean salire verso di lui? Sappiamo da alcuni anni solamente, che questo Giove tonante, questa terribile potenza delle nubi, che i deboli mortali hanno divinizzata, potenza che produce il fulmine ed altre meteore, che rende l’aspetto del Cielo minaccioso ec. si è l’elettricità; ed io ho scoperto in oggi, che la fiamma e il fumo son dotati di una virtù affatto incomparabile di sottrarre alla regione dell’aria, che ci sta sopra, cotesta possente elettricità. Ma gli antichi (sosterrebbe il mio dotto Antiquario) sapevano e conoscevano tutto questo, siccome pure aveano di già fatte tutte le scoperte dei moderni 42, le quali, sendo venute in dimenticanza ne’ susseguenti secoli, non si è fatto che risuscitarle a nostri giorni.
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