Ella è questa la base della mia teoria: un corpo, che si volatilizza, e prende la forma di vapor elastico, acquista con questo nuovo stato una capacità molto più grande, che lo rende, giusta le leggi dell’equilibrio, esigente, o diciam così sitibondo di una nuova dose di fluido elettrico. Or i vapori difficilmente possono prender tutto quello che loro abbisogna, al momento che vengono formati. Si concepisce infatti, che questi vapori espulsi dai carboni all’istante medesimo di loro formazione non possono avere il tempo di satollarsi di fluido elettrico, quanto la loro grande capacità in qualità di vapori elastici lo esige; e che per conseguenza essi deono continuare a prenderne a spese delle pareti del fornello, rasente le quali salgono. In mancanza di queste pareti, i vapori lasceranno l’apparato, da cui si staccano troppo presto, spogliato di ben poco fluido elettrico, e per conseguenza un tantino appena elettrizzato in meno, come abbiam veduto che succede al braciere, od altro recipiente largo, e non profondo; intantochè succhiando essi il rimanente di fluido elettrico, che loro bisogna, poco a poco, e a grande stento dall’aria che attraversano, la renderanno essa pure di strato in istrato impoverita, vuo dire elettrizzata in meno; non però sensibilmente, atteso il gran volume di essa, e la piccola quantità di tali vapori.
In somigliante maniera io amo di rappresentarmi i vapori, che s’alzano nella giornaliera evaporazione dalla superficie della terra, tutti intesi ad involare il fluido elettrico, di cui hanno sì grande esigenza, parte al suolo onde si staccano, parte alle piante, ed altre eminenze, che incontran salendo, e parte infine agli strati dell’atmosfera che attraversano.
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