La ragione io la ripeto da che non si rompe essa in goccie e in spruzzaglia, nè già può dar origine a tanti vapori, come l’acqua sparpagliata. Quindi è, che ritengono i fiocchi di neve l’elettricità stessa di eccesso, che possiede la nuvola onde provengono.
Mi son servito molto comodamente per esplorare l’elettricità delle nebbie, e massime delle pioggie e della neve, del mio Apparato a lanterna, che ho descritto sul fine della lettera 3.a Mandava fuori, quand’era imminente la pioggia, dall’apertura fatta apposta in una finestra che guarda su d’un’ampia piazza, la lunga canna colla lanterna accesa in cima; e mi stava nella stanza ad osservare gli andamenti del sensibilissimo elettrometro posto in contatto del filo conduttore, pel tempo che precedeva la pioggia, nel suo ingresso, e per lunga pezza della sua durata, facendomi singolarmente attento agl’intervalli, in cui essa o raddoppiava, o si calmava, o cessava affatto. Or dunque prima che la pioggia principiasse, l’elettricità compariva per lopiù assai debole; anzi debolissima, o nulla affatto allorchè la pioggia era imminente, e già già cominciava: ma più o men debole che fosse, quando non vi era indizio di temporale, mostrossi sempre positiva. Al comparir delle prime goccie, se sussisteva pur qualche residuo di tal elettricità, andava questa ad occhi veggenti svenendo; finchè col proseguir della pioggia, passando per brevi istanti il mio apparato atmosferico allo stato di niuna elettricità sensibile, veniva poi poco a poco a prendervi piede l’elettricità contraria, cioè la negativa; la quale, continuando la pioggia ad incalzare, in pochi minuti sorgeva a 20, 30, 40 gradi dell’elettrometro a paglie sottili, e talvolta fino a far dare al filo conduttore una scintilletta.
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Apparato Mandava
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