Ecco dunque rappresentata in piccolo una nube isolata in aria, e che si discioglie in vapori, la qual passa medesimamente per gradazione dall’una all’altra specie di elettricità.
Mi conviene ora andar incontro ad una forte obiezione, che si potrebbe fare. Ogni nuvola, seguendo i principj della mia teoria sull’elettricità atmosferica, debbe trovarsi al momento della sua formazione, sopraccarica di tutta la quantità di fluido elettrico, che trovavasi dianzi latente (secondo l’espressione adottata) nei vapori elastici ond’è essa nuvola formata, corrispondentemente alla capacità straordinaria che detti vapori aveano in questo stato: capacità al presente ristretta, mercè la loro condensazione in vapori vescicolari. Ciò posto, una nuova conversione in vapori elastici che può ella mai fare? Non più, che assorbire questo medesimo fluido elettrico ridondante, e renderlo come prima latente: e per far tanto ancora converrebbe, che tutto il nuvolo venisse esausto e ridisciolto nell’aria. Or egli non lo è nella nostra supposizione, in cui una parte del nuvolo rimane pur anco, e sì una parte considerabile. Come dunque concepire, che questa parte che resta, quest’ammasso di vapori vescicolari che sussiste anco, non ritenga un residuo corrispondente della primiera sua elettricità positiva? E come mai gli può essere questa portata via intieramente, e di più involata una parte della sua dose naturale di fluido elettrico, a segno di ridurre il restante di detta nube ad un’elettricità negativa assai sensibile?
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