La risposta a questa gran difficoltà si presenta da se medesima, per poco che si faccia di riflessione. Un nuvolo non è sì tosto formato, che dispiegando un’elettricità positiva assai forte, corrispondente all’eccesso di fluido elettrico, di cui si trova caricato, ne spande in copia da ogni lato, tramandandolo all’aria medesima che lo circonda, massime umida e vaporosa, alle montagne, agli alberi ec. Si giudichi da ciò quanto debbe scaricarsi nello spazio di alcune ore: della maggior parte, non v’ha dubbio, di tale eccesso. Sopravvenga ora l’evaporazione del nuvolo, ed essendo già incominciata di buon’ora, s’avanzi a gran passi, quell’evaporazione, dico, che converte di nuovo una gran parte di esso nuvolo in vapori elastici; è facile il comprendere, che la dose di fluido elettrico richiesta a satollare cotesti vapori, e che perciò se ne va via con essi, potrà non solamente eguagliare il residuo di elettricità positiva del nuvolo per tale sfumazione impiccolito, ma oltrepassarne sibbene la dose, ed anche di molto: ciò che darà luogo ad altrettanta elettricità negativa. Richiamamoci quella specie di nube o nebbia, che involge le cateratte: essa diviene elettrica in meno per via dell’evaporazione che soffre all’esterno (siccome ho spiegato), in virtù cioè della trasformazione dei vapori vescicolari, ond’è formato tal velo nebuloso, in vapori elastici trasparenti. Ora la stessa cosa succede ai veri nuvoli già spogliati della loro elettricità positiva, e che seguono per egual maniera a svaporare.
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