Ma troppo mi trattengo a dimostrarla improbabile, per non dire impossibile, con ragioni; quando ho in pronto de’ fatti decisivi: e sono la tranquillità dell’aria, e la temperatura ancora calda 10, 12, 14 gradi, e più ancora, sopra il punto della congelazione, che regnano su quelle alte cime de’ nostri monti, dalle quali miransi talvolta de’ temporali formarsi più al basso, a mezza montagna cioè, o poco più su, e alcuni sibbene grandinosi. Or quando ciò sia, dovrebbe pure arrivar prima, e sentirsi su quelle cime l’aria freddissima e più che gelata che scende, come si suppone, dall’altissima regione, e viene indosso alle nubi temporalesche (freddissima, dico, a segno di gelare se non tutte, una parte di esse nubi, di formarne prima i fiocchetti di neve, che sono il nucleo, poi la dura crosta di ghiaccio, onde son composti i grani di grandine): dovrebbero dette cime trovarsi involte da cotal aria fredda all’eccesso più ancora dell’ammasso nuvoloso che sta sotto, e prima di lui. Ma nulla di questo: la temperatura è colassù, come dicemmo di 10, 12, 14 gradi; e vi si gode di un’aria o tranquilla affatto, o agitata soltanto da qualche legger venticello solito spirare su quelle alture. Domanderei poi volentieri perchè la colonna d’aria discendente freddissima che ha prese le mosse da un’altezza di 4, 5, 6 miglia, giunta alle nubi temporalesche alte un miglio, od anche solo mezzo miglio, si arresti ivi tutta ad un tratto, e non prosiegua a scendere fino in fondo, voglio dire fin sulla terra.
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