I. La stagione de’ più fieri temporali, e massime grandinosi, è la primavera e la state; e le ore in cui sogliono nascere e scoppiare, quelle più calde del giorno: e sebbene siano men frequenti nel cuore di essa state; pur ne accadono anche nei giorni più cocenti.
IL L’altezza delle nubi temporalesche e grandinose non suol essere grandissima; e talvolta sono queste assai basse, poche centinaia di tese cioè sopra la terra; come, oltre molt’altre osservazioni, lo comprova l’intervallo di soli 3 o 4 minuti secondi tra il bagliore del lampo che fere la vista, e il rumore del tuono che giunge all’orecchio.
III. A così piccola altezza, diamola anche di 600, 800, 1000 tese (nel 1.o dei quali casi ci va a sentirsi da noi il tuono dopo veduto il lampo più di 3 secondi; nel 2.o più di 4, e nel 3.o caso più di 5) la temperatura dell’aria non può esser che da 6 a 10 o al più 12 gr. R. men calda, che nell’infima regione, vicino cioè alla terra, ove giungendo a 22, 24, 25 gr. e talvolta dipiù, deve essere lassù per lo meno tra i 10 e i 15 o 16 gradi superiore al termine della congelazione.
IV. Manca dunque ancora non poco al freddo necessario per la formazione della grandine; quando anche non si richiedesse maggiore di quello, a cui gela naturalmente l’acqua. Or che sarà, se ricerchisi di molto maggiore?
V. E tale si ricerca infatti: l.o perchè i vapori vescicolari, di cui son composte tutte le nebbie e le nuvole, resistono molto alla congelazione, come si osserva negli aspri giorni d’inverno, in cui si mantengono pensili in aria, e non forman neve, malgrado che regni un freddo di alcuni gradi sotto il 0. R.: il che nasce e dal molto calore latente, che debbono perdere innanzi gelare, e dalla loro particolar costituzione.
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