La quale sperienza, fatta così più in grande, rappresenta meglio e in più bella maniera i grani di grandine sospesi, com’io immagino, al di sopra del telone nuvoloso, certamente non meno elettrico del nostro quì descritto.
Facendo attenzione a tale sperienza, osserveremo che quei fiocchetti, quelle pallottole ec. non si tengono già là immobili, e costantemente al medesimo intervallo sopra il telone, o piatto elettrizzato; bensì in una specie di oscillazioni sempre fluttuanti: si alzano, si abbassano alternativamente, quali più, quali meno; altri cadono addosso al piatto medesimo, e risalgono un istante dopo, altri vi rimangono giacenti: in fine ridotta l’elettricità ad un certo grado di debolezza, il bel giuoco, la danza galleggiante finisce; ed eccoli tutti quei corpicelli cadere, per non più rialzarsi. Lo stesso adunque succeder dee ai grani di grandine da prima minuti, indi via via più grossi: oscillan essi al disopra della nuvola fortemente elettrica com’essi; molti spogliati di elettricità cedendo al loro peso ricadono, e non che toccare la superficie penetrabile, e affatto soffice di essa nuvola, vi s’immergono più, o meno, come accader dee; ma ben tosto, contrattane di nuovo l’elettricità, ne vengono ricacciati all’insù: solamente quelli a cui avviene di sommergersi tanto nel corpo della nuvola medesima da oltrepassarne il centro, vincendo coll’impeto della loro caduta la di lei forza repellente, non si rialzano più e vengono a terra; son questi quei grani rari e solitarj, dirò così, che scappano quà e là, e precedono la folta grandine che va fra non molto a cadere.
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