Non è così d’estate per que’ temporali in cui l’elettricità si manifesta d’una forza prodigiosa; in cui l’evaporazione delle nubi inferiori promossa dall’azione del sole, in concorso delle altre circostanze da noi indicate, ha prodotto un freddo straordinario e di gran lunga superiore alla temperatura dell’aria, che occupano queste nubi, superiore pur anche di molti gradi alla semplice congelazione dell’acqua, in somma bastante a soggiogare i vapori vescicolari, e stringerli in fiocchi di neve gelatissima; in cui in fine cotesti fiocchi rispinti vigorosamente dalla nube elettrica, a cui appartengono, sono attratti con altrettanta vivacità dalla nube superiore dotata, come vi è tutto il fondamento di credere, di un’elettricità contraria, indi rimandati alla prima che li ricaccia: e così per un tempo più o men lungo, anzi talora lunghissimo.
Egli è per effetto di questa danza e ballottamento, di questo lanciarsi su e giù, come ognuno può figurarselo, che i fiocchi di neve, primi rudimenti e base della grandine, come già dicemmo, prendono la forma vera di questa, vestendosi d’una ed altra lamina o crosta di ghiaccio, e figurandosi in grani più o meno solidi, più o meno rotondi, in parte opachi, in parte trasparenti. Rompon essi da prima le vescichette di qualche nebbia, o picciol nuvolo sparso, che incontrino sul loro passaggio; poi molte di quelle dei due strati nuvolosi medesimi di contrarie elettricità forniti, che percuotono con impeto, ed entro cui penetrano fino a certa profondità avanti esserne ricacciati; e così coll’acqua di tali vescichette rotte e disfatte, che si tirano indosso e che congelano, van crescendo di mole.
| |
|