In questo caso le masse dei due strati nuvolosi dotati delle opposte elettricità, dei quali si tratta, restando immobili, od in una semplice oscillazione, in quella specie di ondeggiamento, che abbiamo di già considerato (spiegando il sì frequente cambiarsi dei segni nell’elettroscopio atmosferico), le parti delle loro superficie interne cederanno sole alla tendenza mutua che le sollecita; esse si gonfieranno, soffrendo come una specie di flusso, se ne distaccheranno ben anche dei brani e fin dei grossi pezzi, che andranno su, giù, innanzi, indietro dall’uno all’altro strato a vicenda: ciò che faranno con molto maggior agilità frequenza e tumulto i fiocchi di neve e i grani di grandine, se ve ne hanno framezzo, picciolo essendo il volume d’aria, che ciascun di essi dee smovere. Imperocchè ecco ciò che ritarda il moto di andare e venire, sia di detti brani, sia di altre nuvole interposte, e soprattutto l’accostamento di uno strato intiero verso l’altro, quando pure tali moti hanno luogo, ed esse nuvole o strati non sono ritenuti da altre forze: egli è il loro gran volume, e quello dell’ampio strato d’aria intermedio, che resiste al suo spostamento, e fa che tali nubi estese non possano avanzarsi l’una verso l’altra, che con lentezza più o meno grande.
Ma senza tutte queste considerazioni, il ritardo alla riunione delle nuvole contrariamente elettrizzate è un fatto di cui non si può dubitare, allorchè si osservano i cambiamenti dei segni elettrici dal positivo al negativo, e viceversa, più volte per tutto il tempo che dura quel tal temporale, cambiamenti che abbiam già fatti osservare: il che certamente non avrebbe luogo se le nuvole elettriche in più raggiungessero tosto quelle elettriche in meno, verso le quali tendono, e si riunissero in una sola massa.
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