Questo scioglimento dei fiocchi di neve, ed anche dei grani di grandine più o men piccoli in goccie d’acqua cadendo, che si capisce così bene, è spesso visibile in tempo pur d’estate, allorchè durante una pioggia temporalesca che bagna la pianura e le falde di un monte ne osserviamo le sommità e il dorso, che s’imbiancano a vista d’occhio, coprendosi sia di grandine, sia di neve, mentre al basso non giunge che mera acqua.
Rimarrebbero ancora alcune altre questioni, e molte ulteriori osservazioni mie intorno ai temporali; ma siccome non riguardano la grandine, che è il soggetto della presente dissertazione, divenuta già troppo lunga, così le rimetto ad altra occasione. Spiegherò allora come si producano talvolta de’ temporali, anche fieri, con lampi e tuoni orrendi, in seguito di forti pioggie, e sì continuate per giorni intieri; quando parrebbe ch’esse avessero dovuto ricondurre l’equilibrio di elettricità fra le nubi e la terra, anzichè romperlo. Più poi mi tratterrò intorno ad un certo periodo, che affettano i temporali, se non da per tutto, in questi nostri paesi montuosi: intorno, voglio dire, a quella tendenza che hanno a riprodursi di nuovo e comparire molti giorni di seguito, verso la stessa ora, e, ciò che è più rimarcabile, presso a poco in quell’istesso tratto di cielo, che già occuparono. Mi farò quindi a cercare d’onde proceda quel vento freddo, e (cosa mirabile) secchissimo, che suol succedere ad alcuni temporali molto dirotti, e che hanno maggiormente sfogato in pioggia e in grandine.
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