Questo bel giuoco è assai curioso dei grani di grandine, che vanno sù e giù frequenti e tumultuosi tra due quasi tavole di nubi, giuoco da me immaginato per render ragione del più difficile a intendersi dei suoi fenomeni, che è la tanta grossezza a cui pervengono non di rado tali grani, la qual grossezza altronde non può dirsi che acquistino nel solo intervallo di loro caduta, conforme l’opinione della comune dei Fisici, giacchè non è vero, come essi gratuitamente suppongono, che proceda ed arrivi a noi la grandine da tanto alto, quanto a tal uopo richiederebbesi, che anzi l’osservazione ne addita esser d’ordinario le nubi grandinose tralle più basse: questo bel giuoco, dico, questo saltellare e danzare dei grani di grandine dapprima piccolissimi e nevosi, indi più sodi, e via via ingrossantisi, e varj altri sintomi della medesima, e dei temporali in genere ed in specie, come la periodicità e ritorno giornaliero di parecchi a certi luoghi e tempi, il vento freddo e secchissimo, che succede a quelli dei temporali, che hanno scaricato abbondante gragnuola ec. fanno il soggetto della seguente lunga lettera114, che non ho data ancora da pubblicare, cui però tengo preparata già da tre anni passati, e che appunto in settembre 1788 comunicai e lessi io stesso ai Sigg. Saussure, Pictet e ad altri amici a Ginevra.
Or dopo esaurita la materia dei temporali, mi leverò nelle susseguenti lettere (che ho già in molta parte abbozzate) più in alto, cioè alle Aurore boreali, che appartengono di certo alla Meteorologia, e si può credere con qualche probabilità alla Meteorologia elettrica, se non in tutto, in parte almeno.
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