Sperienze di questa sorte, che non sono (lo confesso io medesimo) di una grandissima importanza, si tralascian piuttosto che eseguirle a costo di tanto tempo e di tanti preparativi.
È vero, riguardo al tempo, che esso può accorciarsi di molto, promovendo e sollecitando la dissipazione dell’elettricità, mercè di toccare il conduttore che la contiene, con un altro cattivo conduttore, ma pur conduttore, cioè con un corpo mezzo tra deferente e coibente (es. gr. con una sottil canna bene stagionata, con un bastoncino di legno secco con una striscia di cuojo o di cartone, con una funicella o semplice filo di refe, con una corda di minugia ec.) mercè, dico, di toccare quel conduttore elettrizzato con siffatti corpi, e tenervi applicato un capo di essi, mentre la mano impugna l’altro capo. Con ciò facendosi strada all’elettricità nel conduttore per trasfondersi nel suolo, comunque strada ella sia più o men difficile, se ne accelera di molto il decadimento e la dissipazione; e v’è anzi pericolo di un acceleramento troppo grande, a segno di fare svanire cotal elettricità a un tratto, se l’ambiente e quindi i corpi semi-coibenti sopra menzionati espostivi, trovinsi più che mediocremente umidi.
Ad evitare per tanto siffatta perdita troppo precipitosa dell’elettricità, egli è molto spediente di tener unita al conduttore isolato una boccia di Leyden carica, sicchè abbia a scaricarsi essa pure mercè l’indicato toccamento fatto col bastoncin di legno, colla striscia di cuojo, o di cartone ec.: scarica, la quale, attesa la grande capacità di tali boccie, anche picciole, non può compiersi così ad un tratto; ma esige un tempo discreto di alcuni minuti, cioè primi o secondi, giusta la natura di tali imperfetti conduttori, la loro mole sì in lunghezza che in larghezza, o grossezza, e la quantità d’umido che contengono.
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Leyden
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