Ma nostro soggetto sono non i temporali cotanto ampj ed universali, bensì i parziali, molto meno estesi cioè, e che son confinati es. gr. entro una valle, o almeno non occupano che una parte dell’orizzonte, e i quali lasciano a questa parte medesima, a quella colonna e strato d’aria, che è stata particolare loro sede, una disposizione singolare, onde vi si riproducano de’ nuovi temporali. Or bene la massa d’aria da essi occupata in vece di 25 mila milioni calcoliamola di 1000 o di 500 milioni solamente di tese cubiche; e non sarà ancora ciò abbastanza, ove tutta questa massa d’aria sia stata fortemente raffreddata, per mantenere il vento fresco, che siegue quasi sempre ai temporali, a quelli segnatamente che hanno scaricata grandine, e che dura assai lungo tempo dopo?
Del resto non è difficile il comprendere in qual maniera un tal vento è prodotto, passato il temporale, qualche volta immediatamente dopo, ma più sovente alcune ore appresso, o il giorno seguente. Basta riflettere, che la massa d’aria, la quale è stata la sede del temporale, e ne ha concepito un freddo straordinario, come si è detto, si è condensata in proporzione: or se tale condensazione operata dal freddo arriva al segno, che, malgrado la minore pressione atmosferica che sopporta, sia resa specificamente più pesante degli strati inferiori vicini a terra (ciò che può benissimo succedere, e conviene che infatti succeda allorchè si è formata della grandine freddissima e in abbondanza), allora questa massa o porzione di colonna d’aria discende, e discendendo comincia a spingere lateralmente tutt’intorno l’aria vicina alla terra, sì che è obbligata a prendere un moto orizzontale: tosto l’aria fredda medesima che calò giù prende a seguire questa medesima direzione, a misura che acquistando essa un poco di calore si dilata.
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