§. 80. Or poichè notate si sono le condizioni tutte richieste, e varie circostanze più o men favorevoli alla riuscita delle sperienze di questo genere, che han per oggetto cioè di eccitare le convulsioni in qualsisia animale vivo e intiero, e sì nelle rane, nelle anguille ec. senza incisione alcuna neppur della pelle, non che senza denudarne i nervi, piacemi di descrivere queste sperienze un poco più particolarmente, onde possa ciascuno ripeterle con facilità e sicurezza dell’esito. Prendo dunque un’anguilla tal qual è, ed applico ad una parte qualunque del suo corpo una foglietta sottilissima di stagno, di quelle cioè dei battilori, che si tengon frapposte alle carte di certi libretti, e che servono per inargentare a falso: applico, dico, questa foglietta di stagno dove mi piace, sulla testa, sulla schiena, al ventre, ai fianchi, alla coda dell’anguilla, e di quella lunghezza e larghezza che più mi piace, in modo che vi si adatti bene, come fossevi incollata. Così armato l’animale, o vestito di un pezzo di camicia metallica ben aderente, lo pongo a giacere dal lato opposto non vestito sopra un piatto d’argento. Invece del piatto può servire egualmente bene anche un lastra non molto larga, come un cucchiajo, una moneta; ma conviene allora, che tal lastra piccola sia posta sotto all’anguilla in guisa, che corrisponda all’armatura superiore, cioè alla foglietta agglutinata, o poco almeno ne disti36. Così disposte le cose, basta toccare con una chiave, con un filo d’ottone, con un altro cucchiajo, o moneta, con un pezzo insomma qualunque di metallo, purchè sia netto e mondo, il piatto o la lastra d’argento che stà sotto, e insieme la foglia o veste di stagno, cui tiene indosso la nostra anguilla, basta anche, senza altro metallo intermedio che faccia officio di arco conduttore, far sì che vi supplisca l’istessa lastra o cucchiajo o moneta che sia, avanzandola, ed inclinandola tanto, che giunga a toccare a dirittura detta veste di stagno, per rendere all’istante l’anguilla convulsa, per vederla corrugarsi, contorcersi, inarcarsi, erigere e vibrar le pinne, in tutta quella parte di corpo massimamente, che trovasi tra i limiti dell’una e l’altra armatura.
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