§. 93. Per ottener ciò conviene, come abbiam già indicato, (ivi) applicare alla punta della lingua, o poco sopra, una lamina di stagno o di piombo ben netta e lucida, e premervela contro con discreta forza; e sopra il mezzo, o ad altra parte di essa lingua applicare una moneta d’oro o d’argento, un cucchiajo, una scatola, od altra lamina di tal metallo; finalmente addurre le due lamine al mutuo contatto. Per lamina di stagno io prendo sovente un pezzo di carta, così detta, d’argento, che è propriamente carta coperta di foglia di stagno; e la trovo la migliore di tutte; eccetto che non ogni foglio di tal carta, che compero alla ventura, mi riesce egualmente bene: alcuni fogli fanno a meraviglia, tanto che il sapor acido, che vengo a sentire facendo l’esperienza a dovere, è forte sì, che mi riesce quasi insopportabile, altri all’incontro mi eccitano l’istessa sensazione, ma incomparabilmente più debole. Di questa differenza non saprei invero allegare alcuna ragione, se non è la diversa qualità di stagno, la sua lega con altri metalli, l’essere stato più, o men battuto ec. (V. la nota al §. 72).
§. 94. Ella è cosa molto rimarcabile, che questo sapore continua a sentirsi, e va anzi crescendo in vivacità, per tutto il tempo, che i due metalli, stagno ed argento, continuano a star applicati, l’uno alla punta della lingua, l’altro ad altre parti della medesima, e a toccarsi fra di loro, formando un cotal arco conduttore: il che prova che continuo ed incessante sia pure il tranflusso del fluido elettrico dall’uno all’altro luogo.
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